Musica classica libera da diritti: un mito da sfatare
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04/12/2018L’uso illegale della musica in negozio costa all’industria discografica circa 2,65 miliardi all’anno. Lo afferma uno studio condotto dalla società di analisi di mercato Nielsen in sette Paesi. Sempre secondo la ricerca, l’83% degli esercizi commerciali non paga correttamente i diritti d’autore.
L’evidenza principale dello studio è che la maggior parte degli imprenditori è convinta di poter utilizzare il proprio account privato di Spotify o Apple Music per trasmettere liberamente la musica in negozio.
Come sa chi segue questo blog, non è assolutamente così. Pagare per un account privato di Spotify o di Apple Music non autorizza la diffusione di musica in negozio. Per essere al riparo da qualsiasi contestazione da parte della Siae, infatti, è necessario stipulare un abbonamento specifico secondo le norme di Legge.
Musica in negozio: illegale è neanche utile
Chi si affida a un abbonamento di musica in streaming, poi, non solo compie un atto contro la Legge e rischia multe salate ma, molto probabilmente, non sta sfruttando tutti i benefici derivanti da una corretta strategia di comunicazione sonora.
È molto facile che la playlist musicale sia casuale o non adatta al mood del locale. Che vari a seconda del dipendente che è in servizio o che sia diversa per ogni punto vendita di una stessa catena.
Così, con un errore apparentemente veniale, si può vanificare lo sforzo di realizzare una strategia comunicativa unica. Che, partendo dagli arredi per arrivare alle divise del personale, sottovaluti il valore di una corretta riproduzione di musica in negozio.
Ma gli errori che si possono fare quando si sceglie la musica in negozio possono essere diversi. Ne abbiamo voluto illustrare dieci, spiegando anche il perché.
Musica in negozio, errore #1: la playlist personale
L’errore più classico: immaginare che la musica che ci piace possa piacere a tutti gli ospiti del nostro negozio o agli avventori del nostro locale. Niente di più sbagliato, ovviamente. La musica in negozio deve essere scelta seguendo un criterio di marketing ben preciso. Deve essere la cornice sonora a tutto il contesto, così come i colori e l’arredo sono la cornice visiva. E deve, ovviamente, rispecchiare il messaggio che il brand vuole trasmettere.
Musica in negozio, errore #2: lasciare fare al dipendente
Peggio ci sentiamo se la musica in negozio viene scelta dal dipendente di turno. Il risultato sarà che a ogni cambio di personale ci sarà un cambio di genere del tutto casuale, senza rispecchiare, per esempio le diverse fasi della giornata. Così, il dipendente appassionato di heavy metal sparerà i decibel a mille durante la cena a lume di candela. E il pienone sarà assicurato.
Musica in negozio, errore #3: un network è anche musicale
Mettiamo il caso di avere una catena di negozi, o di locali, o di ristoranti. Uno dei principi fondamentali delle catene ci è stato tramandato da McDonald’s: lo stesso menu in qualsiasi ristorante. Dunque, perché diffondere musica in negozio diversa e senza controllo nei diversi punti vendita o locali in franchising? Non c’è una risposta sensata a questa domanda.
Musica in negozio, errore #4: repetita (non) iuvant
In un ristorante lo stesso menu per mesi, in un negozio di abbigliamento la stessa collezione, in estate e in inverno. Lo fareste? Non crediamo. E allora, perché utilizzare sempre la stessa musica in negozio, la stessa playlist, lo stesso cd per mesi? Una corretta strategia di comunicazione sonora prevede che la playlist cambi spesso. In certi casi anche più volte durante la giornata, per seguire il mood dei clienti.
Musica in negozio, errore #5: streaming con pubblicità
Abbiamo già sottolineato il fatto che utilizzare l’account privato di Spotify o di Apple Music per trasmettere musica in negozio sia illegale. Ma può anche essere controproducente. Gli abbonamenti gratuiti ai servizi di streaming, proprio perché sono gratuiti, prevedono l’inserimento di spot pubblicitari all’interno delle playlist. Sarebbe quanto meno curioso, allora, che un cliente, mentre sorseggia un caffè o prova un capo di abbigliamento senta la pubblicità di un esercizio concorrente. Potrebbe succedere che lo spot lanci una promozione e, così, quella sarebbe l’ultima volta che lo vedrete passare.
Musica in negozio, errore #6: con la radio vado sul sicuro
Avete capito che per utilizzare i servizi di streaming bisogna pagare i relativi diritti di riproduzione? Perfetto, allora proponete un canale radiofonico. Niente di più sbagliato, anche per la diffusione di una radio dovrete essere in regola con la Siae. In più, se anche sceglieste di pagare, rischiereste di trasmettere i dialoghi degli speaker per la maggior parte della giornata. E siete proprio certi che tutti i vostri clienti gradirebbero?
Musica in negozio, errore #7: attenzione al volume
Abbiamo già raccontato più volte che anche la scelta del ritmo fa parte di una corretta strategia sonora. Una playlist deve essere omogenea anche in termini di Bpm (battiti per minuto). E ogni momento della giornata ha il suo Bpm. Altro errore molto comune riguarda la diffusione della musica in negozio a volume troppo alto. Il sottofondo sonoro si chiama così perché deve essere un sottofondo e non impedire il dialogo, per esempio in un locale.
Musica in negozio, errore #8: la distribuzione del suono
Nonostante il volume non sia alto, il nostro udito percepisce perfettamente lo stimolo sonoro della musica in negozio. Anzi, la percepisce di più proprio perché è una percezione inconscia. Ma se l’impianto sonoro non è stato progettato in base alla planimetria del locale si rischia di avere dei punti sordi o, al contrario, di avere un volume troppo elevato in certi punti. Un impianto difettoso inficia tutto lo sforzo che si è fatto per costruire una valida strategia di comunicazione sonora.
Musica in negozio, errore #9: lo spot di mio cugino
Prevedere gli spot pubblicitari all’interno di una programmazione musicale è cosa buona e giusta. Possono essere autopromozionali, per esempio per lanciare nuovi servizi od offerte speciali, oppure potrebbero riguardare altre aziende, non concorrenti. Ma la qualità dello spot è fondamentale per arrivare al cuore e al cervello dell’ascoltatore. Meglio affidarsi a una società specializzata piuttosto che al cugino che si improvvisa speaker.
Musica in negozio, errore #10: musica e video, mix rischioso
Se in un locale sono previsti degli schermi, le cose si complicano. Prima di tutto è necessario prevedere una comunicazione integrata audio/video. Quindi diciamo no a video musicali mandati in loop con un audio che riproduce musica diversa. Diciamo, invece, sì a video musicali realizzati apposta per comunicare i valori del brand o, almeno, a una scelta ragionata di video già disponibili. Per i quali, ovviamente, si devono pagare i diritti di riproduzione.
Non sottovalutare una corretta strategia di comunicazione sonora
In definitiva, qualunque sia il luogo è sempre consigliabile implementare una corretta strategia di comunicazione sonora. Il sound design for selling porta certamente i risultati richiesti a patto che si eviti di incorrere nei 10 errori più frequenti.
Per realizzarla è opportuno affidarsi a un’azienda specializzata nel sound design for selling come Pillow.
A proposito di Pillow, ascolta la voce.
Pillow ha la missione di creare il perfetto sound design dello spazio fisico attraverso palinsesti musicali costruiti ad hoc, integrandoli con messaggi persuasivi in forma di spot. L’ambiente sonoro creato da Pillow aumenta la connessione emotiva delle persone con lo spazio in cui si trovano, contribuendo a costruire la corretta immagine del brand e favorendo l’acquisto e il ricordo positivo dell’esperienza.